Tempo Follia Amore

di Paola De Rosa

Negli anni, ho affrontato il tema del Ritratto attraverso l'uso dell'acquerello.
E' stata un'immagine fotografica - il ritratto di un architetto da me molto amato - che mi ha fatto decidere definitivamente la tecnica pittorica - l'acquerello, appunto - a cui consegnare l'immagine di un volto.
Considerando che ho sempre privilegiato la pittura dal vero, che non considero né figurativa né astratta ma sempre un'operazione mentale aperta a innumerevoli soluzioni, avverto un limite quando mi trovo, come spesso mi accade con i ritratti, a lavorare con un'immagine fotografica, dove la proiezione è già data.
Nell'immagine bidimensionale è già risolto il problema dell'interpretazione della forma nella spazio, potendo, così, agire solo sul colore. In questi casi scelgo un cromatismo non realistico, vicino, comunque, a ciò che la foto, sempre in bianco e nero, volta per volta, mi suggerisce.
L'acquerello, che realizzo senza un disegno sottostante, mi restituisce, comunque, una parte della libertà formale, proprio per la sua particolarità di essere come uno scatto fotografico: rapido nella percezione e immediato nell'esecuzione, tale da non consentirmi la restituzione della forma in modo fedele.
Ultimamente, sono tornata a ripensare al ritratto ad acquerello, con una precisa volontà: cercare il "ritratto della follia". Qualcosa stava riemergendo dai volti che avevo acquerellato in passato. Una follia addolcita, lontana dal suo significato clinico. Una spinta lucida e irrazionale che mi coglie ogni qualvolta mi decido a scegliere un'immagine da ritrarre, quasi sempre volti di intellettuali il cui sguardo mi colpisce; ed è proprio in questi sguardi che io colloco la "follia": una sorta di alienazione nell'esercizio dell'intelligenza.
Allo stesso tempo, mi sono imbattuta in una lettura che mi ha offerto notevoli spunti di riflessione: La camera chiara di Roland Barthes, che è una nota sulla fotografia.
L'elemento che mi ha catturato di questa lettura è rappresentato dall'evidenza temporale e dalla follia che un'immagine fotografica invera: "un reale che non si può più toccare: una nuova forma di allucinazione, falsa a livello della percezione, vera a livello del tempo", scrive Barthes.
Nell'immagine fotografica, Barthes mi apre uno spiraglio sulla follia e sul tempo.
L'oggetto rappresentato "è stato sicuramente lì". In questa realtà differita, posso osservare nell'immagine, oltre alla forma e al colore, un'ulteriore componente: il tempo.
Ho ritenuto di far assumere al tempo tre immagini.
Il tempo come istante: intendendo l'immediatezza con la quale l'acquerello mi consente di fermare un'immagine, per certi versi risultando simile a uno scatto fotografico.
Il tempo come durata: recuperare il ritratto fotografico di un volto con l'acquerello significa attualizzarne l'immagine e prolungarne il corso.
Il tempo come follia: è un' attesa al passato, un risucchio temporale dal quale emerge lo sguardo. Lo sguardo fotografico, come scrive Barthes, sembra essere trattenuto da qualcosa d'interiore e, se con la fotografia attraversa il tempo, "lo sguardo è sempre virtualmente pazzo: esso è al tempo stesso effetto di verità ed effetto di follia".
Nei sette pensieri che seguono, nati leggendo il testo di Barthes e corredati dalla selezione di sette "scatti ad acquerello" di una stessa immagine fotografica, il mio sguardo è sempre rivolto al tempo e ai due strumenti che, a mio sentire, ne eleverebbero l'esercizio: la follia e l'amore.
Questo breve scritto vuole essere il punto di partenza di un progetto su Roma intitolato "Uno Sguardo per Roma", sguardi sulla città di una serie di architetti dal secondo dopoguerra a oggi.


Sette pensieri

Ho voluto giocare con Roland Barthes, ho fatto una capriola e mi sono ritrovata nella sua Camera chiara con una ferita alla testa da dove scorrevano le immagini dei volti che negli anni avevo rubato alla fotografia.

Avevo trasferito immagini fotografiche su un nuovo instabile supporto, la carta, e con una tecnica "incerta": l'acquerello. Tutto avveniva in un momento. Si tratteneva il respiro, l'acqua trasportava il colore, l'immagine era fermata.

L'immagine fotografica può diventare un "oggetto nuovo", una realtà di cui innamorarsi, ritornare nel flusso e farsi ridisegnare dal Tempo? L'acquerello può essere la visione di un'immagine rubata alla memoria e divenuta "oggetto nuovo"?

Riprendo la fotografia del volto di Mies van der Rohe. Molte volte quello sguardo ha penetrato il mio occhio fermandosi sul foglio di carta, trascinando con sé anche la traccia del Tempo.

Nel Tempo le cose si manifestano. Il Tempo, forse, sa ridisegnare anche se stesso. E' allora che si impadronisce dell'immagine e la "realizza" di nuovo.

"Io non cerco, trovo" (Picasso) è la frase che mi torna in mente e con questo significato: è il Tempo a cercare, disegnare e mostrare quel che io continuamente trovo (vedo). La visione produce una sorta di "scatto" visibile solo agli occhi del Tempo.

Barthes scrive: "nessun'arte è pazza". Nella visione come nella fotografia sembra essersi persa la follia. Se questi sono gli attuali strumenti del Tempo, lui, che è il grande disegnatore, l'espressione, cosa potrà mostrarci? A ben vedere, oggi, il vero inattuale sembra essere proprio il Tempo.

Questi brevi pensieri intendono interrogare il "ritratto ad acquerello di un'immagine fotografica", ma anche ripescare, tra gli "oggetti nuovi", i portatori di Tempo Follia Amore.

Roma, marzo 2017

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm

Paola De Rosa - Ludwig Mies van de Rohe - 2017 - Acquerello su carta - Dim: 20x20 cm